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Sainte-Beuve, Charles Augustin.

Scrittore, poeta e critico letterario francese. Nacque da una famiglia agiata di origine normanna che aveva rinunciato dai tempi della Rivoluzione del 1789 a ogni titolo nobiliare. Orfano di padre, compì gli studi a Parigi, dove frequentò con ottimi risultati il liceo classico, dimostrandosi versato soprattutto nelle discipline umanistiche; si iscrisse quindi alla facoltà di Medicina, interrompendo tuttavia gli studi senza conseguire la laurea. La sua vocazione per la letteratura e per il mondo classico si rivelò determinante: esordì infatti come critico letterario, recensendo testi poetici, romanzi e saggi filosofici sulla rivista “Le Globe”, considerato all'epoca il portavoce più battagliero e deciso delle idee degli intellettuali romantici. Conobbe in seguito V. Hugo, al quale si legò di un'amicizia sincera, interrottasi tuttavia alcuni anni più tardi. Nel 1828 pubblicò il suo primo saggio critico, Quadro storico e critico della poesia e del teatro francese del XVI sec., opera che ebbe grande importanza nello sviluppo delle idee romantiche: da un lato, infatti, riabilitava la ricca, immaginosa e audace poesia di Ronsard, contrapponendola alla freddezza della monotona regolarità imposta dal classicismo; dall'altro, evidenziando le affinità fra i poeti della Pléiade e i romantici, inseriva il movimento romantico all'interno della storia letteraria nazionale, presentandolo come la logica continuazione del Rinascimento. L'opera ebbe vasto successo e si rivelò decisiva; tale interpretazione della storia culturale, anche se priva di vera originalità ed estesa a tutti i Paesi europei interessati dal Romanticismo, ebbe una considerevole influenza in Francia, fornendo le fondamenta teoriche dello stesso movimento romantico. Il legame di S. con le idee e la sensibilità romantiche risulta evidente anche dalle raccolte poetiche Vita, poesie e pensieri di J. Delorme (1829), Consolazioni (1830 e 1834) e Pensieri d'agosto (1837), di notevole interesse stilistico e formale: espressione di gusto raffinato e di tendenza al fantasticare, le liriche comprendono temi e motivi svolti con una sensibilità e una intimità tali da prefigurare il tono espressivo di C. Baudelaire. Al 1834 risale il romanzo Voluttà (1834), di carattere autobiografico, storia di un'anima inquieta e dubbiosa, oscillante fra slanci e tristezze: tuttavia, più che di un vero e proprio romanzo, si tratta di un'acuta e intelligente “cronaca” sentimentale e psicologica. Nello stesso anno S. pubblicò in pochi esemplari anche una raccolta di liriche, Libro d'amore, ispirategli dalla passione per la moglie di V. Hugo, anche se la natura di quella passione è tuttora oggetto di discussione. La fama di S. non è però legata tanto alla sua attività di poeta e romanziere, quanto a quella di saggista e critico. Infatti, la sua predilezione per l'osservazione dei processi della vita interiore e psicologica si accompagnava a un'assoluta fiducia nel metodo scientifico, il solo a permettere di instaurare un rapporto preciso e documentabile fra vita fisica e vita morale, al fine di verificare in quale modo la prima agisca per determinare o influenzare la seconda. Fondandosi su tali criteri metodologici, egli scelse infine di dedicarsi esclusivamente alla critica letteraria; i saggi che pubblicò dapprima su diverse riviste, poi raccolti con il titolo Critiche e ritratti letterari (1836-39), ampliati infine e riediti nel 1844 nel volume Ritratti letterari, oltre ad altri suoi studi critici (Ritratti femminili, 1844; Ritratti contemporanei, 1846), gli diedero fama ed autorevolezza. Conservatore alla Biblioteca Mazarine dal 1840 al 1848, nel 1843 divenne membro dell'Accademia di Francia. In questi stessi anni egli maturò un progressivo distacco dallo spiritualismo romantico, sia per la rottura con Hugo che lo indusse ad abbandonare la partecipazione militante al movimento, sia per il suo allontanamento dalla religione cattolica, che egli avrebbe voluto rinnovata e purificata in senso “liberale”. L'evoluzione spirituale del suo pensiero è ben documentabile nel suo capolavoro, Port-Royal (1840-59): originata da una serie di lezioni presso l'Accademia di Losanna, quest'opera fu man mano ampliata fino a comprendere quasi interamente la letteratura e il pensiero francese del XVII sec. Port-Royal è considerato una pietra miliare nella critica letteraria francese per la straordinaria acutezza con cui S. comprese la profondità della crisi che agitava B. Pascal e i giansenisti e le ragioni di fondo che li spinsero a una sotterranea lotta contro la Chiesa ufficiale. La crisi religiosa e l'abbandono del Romanticismo indussero S. ad accostarsi al Sansimonismo, ma troppo lontana dalla sua sensibilità psicologica e interiore era la questione sociale e troppo conservatore era il suo orientamento politico perché egli potesse sostenere a fondo questa scelta: nel 1848 S. preferì abbandonare la Francia recandosi in esilio volontario, e al suo ritorno si schierò, di fatto con poca coerenza, dalla parte di Napoleone III e dell'“ordine”, pur lottando per il mantenimento di alcune libertà democratiche. Tale scelta politica si accompagnò all'adesione al Positivismo; era quasi un ritorno alle origini del suo pensiero, tuttavia con un orientamento più radicale, secondo la convinzione che la letteratura possa essere analizzata con il metodo scientifico comune a tutte le altre scienze. In questo periodo S. pubblicò saggi letterari di grande rilevanza, fra cui Chateaubriand e il suo gruppo letterario sotto l'Impero (1861) e Joseph Proudhon, la sua vita e la sua corrispondenza (1872), entrambi originati da lezioni accademiche e corsi universitari; considerevoli sono anche i magistrali articoli letterari che, pubblicati settimanalmente sulla rivista “Costitutionnel”, vennero poi raccolti ed editi con il titolo Conversazioni del lunedì (1851-62) e Nuovi lunedì (1863-70). Il ruolo di S. nella cultura francese fu determinante: con lui la critica si affermò pienamente non solo come disciplina indipendente, ma anche come una delle attività più importanti in ambito intellettuale. D'altra parte, la sua opera critica, così attenta all'elemento psicologico, riuscì a realizzare l'unità fra i due più grandi movimenti del secolo: nei suoi scritti, la tendenza idealistica e la fede nella scienza si fondono, innestando sullo spregiudicato illuminismo degli enciclopedisti il grande movimento spirituale del Romanticismo. Grande critico dei classici francesi, egli non seppe tuttavia accostarsi con uguale intelligenza interpretativa ai suoi contemporanei, giungendo a non comprendere la grandezza di Baudelaire o di Stendhal e ignorando la genialità di Balzac, degli autori, cioè, più rappresentativi del suo tempo: il motivo di tale rifiuto è forse da ricercarsi nel suo progressivo scetticismo, che lo portò a rifugiarsi fra i classici, lontano dalla società reale. Di S. si possono ricordare infine le due opere a carattere autobiografico pubblicate postume: I miei veleni (1926) e Corrispondenza (1935-83) (Boulogne-sur-Mer 1809 - Parigi 1869).